La Magia di musicalizzare una Milonga: Bruno Comastri “El Gato Loco”

L’onda energetica della Milonga deve essere simile a quello che prova un surfista, quando si gira e la vede arrivare … non può mai sapere come sarà, se non nel momento in cui la cavalca. La passione spinge avanti i nostri sogni e ci permette di non mollare e non rendere abitudine la bellezza della routine. Fa bene all’anima ricordarsi di ciò: la passione esiste, non dimentichiamocene !

Buon Ascolto, vostra Rosaspina Briosa.

Bruno Comastri – El Gato Loco

Vecchioni Canta alla Luna l’Amore per la Vita

Roberto Vecchioni – 10 Luglio 2022 – Vittoriale

10 luglio 2022, il concerto al Vittoriale di Vecchioni rimarrà una data storica per coloro che hanno potuto assistervi, uno spettacolo magistralmente gestito sotto lo sguardo della Luna, pure lei ieri sera ha pianto.

Vecchioni, un poeta, uno degli ultimi cantautori del ventesimo secolo, ha presentato ogni canzone partendo da una riflessione personale, arricchendola di aneddoti e citazioni che hanno strappato più di una risata.

Samarcanda questa volta ha aperto il concerto, un omaggio alle nipotine presenti in sala, che si erano lamentate con il nonno perché solito inserire questo brano in chiusura dei suoi spettacoli, e loro troppo stanche, addormentandosi lo perdevano.

Vecchioni ci ha preso per mano, uno ad uno e nelle due ore e mezza che sono seguite, ci ha fatto vedere una notte illuminata dalla parola amore.

Un amore grande per la vita e per l’uomo, rammentandoci che è la forza del nostro sorriso a determinare gli anni della nostra vita.

Le canzoni più belle si susseguono e sono i versi a rimanere leggiadri nella loro profondità:

“ogni destino nasce dentro un addio, oppure il mio mestiere è la mia ragazza e tutta la bellezza mi scappa via e mi lascia una malattia, tutta la bellezza se ne va in un campo, la bellezza che è la tua e la mia muore dentro in un canto.”

Gli applausi si susseguono e il pathos raggiunge il suo massimo alle prime note di caro amico Vincent, le parole, i colori è la voce del cuore che canta e senti sulla pelle gli ultimi raggi del sole che baciano i girasoli.

La band, lo segue nelle sue variazioni Massimo Germini alla chitarra, Antonio Petruzzelli al basso,  Roberto Gualdi alla batteria e Max Elli alla tastiera del pianoforte.

Le canzoni di Vecchioni, come le arie dei grandi compositori, siano essi  lirici o  di tango,  lasciano nei nostri cuori  una forza speciale che ci rende temprati alle sferzate della vita, perché la luce dei grandi artisti è contagiosa, perché appunto  gli anni di vita si misurano … in sorrisi

Grazie Maestro !

HUGO AISEMBERG: l’Angelo che suona

Hugo AisembergEnsemble Novitango

Nella splendida Sala dei Giganti del palazzo Capitaniato  a Padova, il 26 Giugno, Hugo Aisemberg si è esibito al pianoforte, accompagnato da Juan Lucas Aisemberg alla viola, Jean Gambini al contrabasso e Fabio Bonora al clarinetto. 
Ha eseguito un repertorio diviso in tre parti. La prima parte, una dedica personale a Piazzolla, la seconda parte una preghiera evocativa intima dedicata alla musica ebraica, un grazie alle proprie origini e la terza ha concluso l’esibizione con un dolce abbraccio porteño.
L’ impatto con il pubblico è stato immediato ed ha creato quello stato di empatia che non ha mai abbandonato la tensione emotiva. 
Il maestro Hugo Aisemberg ha proposto un Piazzolla meditativo; i brani scelti: Alevare, Kicho, Milonga del Angel e Muerte del Angel.  Le pause e la delicatezza del tocco del pianoforte del maestro hanno smussato l’aggressività tipica delle tradizionali esecuzioni di Piazzolla.

La musica ebraica è stata una sorpresa. I brani eseguiti da solo piano e violino, con magistrale grazia di  Prayer Ernest Bloch e Dos Fidele  Marina Krutojarskaja, ci hanno lasciato con l’anima sospesa nel cielo,

Hugo Aisemberg e Lucas Aisemberg hanno unito i loro respiri musicali un inteso che andava oltre la preparazione tecnica era un linguaggio intimo tra padre e figlio.
Gli applausi nel pubblico si sono da lì in poi smorzati, perché tra un esecuzione e l’altra applaudire sembrava interrompere il legame di intimità,non facile da spiegare a parole, che si era creato.

Gli ultimi due pezzi presentati Sholem-Alechem, rov Feidman! Di Béla Kovacs e Odessa Bulgarish ci hanno permesso di cogliere l’agilità e l’interpretazione del clarinetto suonato da Fabio Bonora, mentre Jean Gambini, contrabasso, ha accompagnato l’ Ensemble Novitango con rispettosa dedizione. 

La terza parte, un abbraccio porteño con musiche arrangiate dal maestro Hugo Aisemberg, ci ha regalato la leggerezza. È iniziata con una milonga, Reliquias Porteña, Graciano De Leone, seguita da Gallo Ciego di Augustin Bardi, Oblivion di Astor Piazzolla, Taquito Militar di Mariano Mores e la Cumparsita di Gallo Matos Rodriguez.

Quest’ultima parte del programma con i pezzi citati, ha evidenziato come la musica di Tango può raggiungere un’espressività artistica che è difficile da percepire, se suonata solamente in milonga, i tangueri presenti in sala abituati a ballarli ne avranno colto la differenza.

Le esecuzioni dei brani musicali , Reliquia Porteñas, Oblivion e la Cumparsita, sono state accompagnate dalla coppia di ballo Nayhara Zeugtrager e Silvio Grand che ha saputo con grande raffinatezza ed eleganza non distogliere l’ attenzione dal focus centrale della serata, la musica, utilizzando il movimento coreografico del corpo come uno strumento musicale d’accompagnamento. 

Quello di ieri sera è stato un concerto che il pubblico padovano porterà nel cuore, la presenza dei maestri di tango delle diverse associazioni, ha confermato la voglia di crescere culturalmente e di diffondere la conoscenza musicale al di fuori della milonga.

Il XXII edizione Padova tango festival, nel quale era inserita la programmazione di questo concerto, si avvia alla sua conclusione, determinante il contributo di Alberto Muraro l’ideatore.

Concerto: Tango dalla musica ebraica ad Astor Piazzolla – Sala dei Giganti (Pd)
Da sinistra verso destra: Nayhara Zeugtrager, Juan Lucas Aisemberg, Hugo Aisemberg, Fabio Bonora, Jean Gambini e Silvio Grand

I LOMBARDI ALLA PRIMA CROCIATA: l’ Opera come il Tango per essere vivi devono essere popolari

Giuseppe Verdi – I lombardi alla prima crociata – Enrique Santos Discépolo

Qualunque sia il teatro lirico nel quale stiamo per entrare i nostri sensi vengono immediatamente sollecitati, per primo l’udito da un concitato brusio di sottofondo, un parlare veloce a mezzo tono, che non disturba, crea l’attesa dell’inizio. Il secondo elemento al quale non ci è concesso di sottrarci è la luce del teatro, rimbalza sui velluti, sui palchi fino a toccare i tendaggi del sipario ed è lì che tutti noi focalizziamo la nostra attenzione.

Le luci si abbassano, il mormorio si affievolisce e nel silenzio assoluto, il direttore d’orchestra alza la bacchetta, l’orchestra suona, il sipario si alza e l’opera racconta una storia di vita.

I Lombardi alla prima Crociata di Giuseppe Verdi, rappresentata per la prima volta alla Scala, l’11Febbraio 1843, ritorna alla Fenice l’8 Aprile 2022, dopo oltre un secolo di silenzio dal suo debutto.

La trama è quanto mai arzigogolata, nel più irruente stile verdiano, racconta di una Faida Familiare: Pagano uccide il padre al posto del fratello Arvino di cui era profondamente geloso, avendo quest’ ultimo sposato la donna che lui amava, Viclinda e dalla quale  nasce una figlia, Giselda.

Fin qui tutto normale per le trame verdiane, gli intrecci familiari, l’esasperazione delle emozioni, la ricerca del dramma scenico, sono tutti elementi che il Primo Verdi porta già in scena.

É il sentimento della gelosia a governare l‘animo dei protagonisti, ma questa volta a differenza del Rigoletto o dell’Otello, i colpi di scena disorientano lo spettatore, al punto da perdere il filo della storia se non si conosce l’opera prima della sua visione.

Il primo atto è ambientato a Milano, siamo intorno all’ anno 1100, la scena si apre all’interno della Basilica di S. Ambrogio, dove Pagano viene accolto e perdonato dal lungo esilio e il Priore annuncia la partenza di Arvino per le crociate.  Ci si sposta nel palazzo di Folco, dove Giselda impedisce l’uccisione di Pagano, dopo aver scoperto la morte del nonno.

Nel secondo atto ci ritroviamo catapultati nelle stanze private del tiranno Acciano e subito dopo nell’ harem del suo palazzo e ci si domanda: “Ma come ‘è arrivata Giselda la figlia di Arvino ad Antiochia in Gerusalemme ed innamorarsi di Oronte figlio del tiranno?”

Si è talmente presi dalla bellezza di questa musica, dal coro che accompagna lo sviluppo scenico, che i dettagli della trama passano in secondo piano.

L’edizione andata in scena al teatro la Fenice è probabilmente quella che più si avvicina a come Giuseppe Verdi l’avrebbe voluta sentire interpretata nel 2022.

Il maestro Sebastiano Rolli alla guida dell’Orchestra alla Fenice ha saputo dirigere magistralmente sia l’orchestra che il coro, con la giusta dose di energia per sostenere il ritmo dell’azione e tenere alta la tensione nello spettatore.

Ci ha restituito tutta la bellezza di quest’opera che, per i rimaneggiamenti poco attendibili nel corso degli anni forse aveva perso la sua briosa lucentezza. Oggi siamo in grado di riscoprirla, grazie alla partitura   David R.B.Kimbell che  si è basato sulla copia  autografata di Giuseppe Verdi conservata nell’archivio storico Ricordi a Milano.

Michele Pertrusi, basso nel ruolo di Pagano, è praticamente perfetto e cavalca la scena, ma è in buona compagnia. Era da molto tempo che non avevo più avuto l’occasione di assaporare un cast così equilibrato, dove le voci si sostenendosi l’una con l’altra sono riuscite a risaltare vicendevolmente nella recitazione teatrale, le proprie caratteristiche principali.

La Giselda interpretata da  Roberta Mantenga è un’eroina romantica ma di carattere e tale forza ben è espressa dagli sbalzi e da una limpidezza di canto che raggiunge l’apice nella preghiera.

Oronte di Antonio Poli, finalmente un fraseggio chiaro e limpido, Mattia Denti ci regala un Pirro autorevole mentre Marianna Mappa riesce a dare personalità a Viclinda e Antonio Corianò un Arvino incisivo, ma sono le giovani voci di Adolfo Corrado, Acciano, breve passaggio ma intenso, Christian Collia priore della città di Milano e Barbara Massaro nella parte di Sofia madre di Oronte, a sorprendere e hanno le potenzialità di emergere nello scenario artistico non solo Italiano.

Riuscito è l’intermezzo della scena del ballo in chiave moderna, creato per accompagnare lo spettatore nella comprensione del dramma verdiano nel rapporto tra Pagano e Arvino, si è cercato una soluzione stilistica al vuoto di continuità che la trama ha.

L’operazione è talmente ben riuscita che ha suscitato applausi a scena aperta, l’esecuzione artistica dei due giovani ballerini vestiti da studenti porta in scena il dramma più antico; quello di Caino e Abele.

Peccato che nessuna recensione li abbia nominati.

Gli applausi del pubblico hanno ridato all’opera quel sapore di popolarità che oggi non ha più, ma non perché manchi la passione o la curiosità di crescere da parte di un pubblico attento, ma perché è difficile trovare oggi delle belle voci e delle voci che abbiano avuto il tempo di lavorare assieme ed amalgamarsi come è accaduto per questa edizione.

La regia, i costumi scenici, la scenografia, sono tentativi d’interpretazione che possono più o meno riuscire, ma non tolgono e non aggiungono niente all’opera in sé stessa, se prima la direzione orchestrale, l’orchestra, le voci dei cantanti ed il coro non sono in grado di eseguirla in modo virtuoso ed emozionare un pubblico popolare.

Valentino Villa, ha cercato di reinterpretare l’opera per catturare l’attenzione dei giovani e l’ha attualizzata Massimo Checchetto, scenografo e Elena Cicorella costumista, si sono adeguati alla linea definita da Valentino Villa per dare uniformità e continuità al messaggio artistico.

Operazione riuscita o non riuscita? 

Io non mi porto a casa il ricordo del coro vestito da infermiere, ma la passione con la quale ha cantato sì.

Ci si dimentica che l’opera lirica per rimanere viva deve rinnovarsi nella sua dimensione popolare, anche per il tango accade la stessa cosa, è il messaggio musicale ad emozionare, non l’ambientazione della Milonga.

Vi è un tango, la cui letra forse ci può aiutare a riflettere è stata scritta nel 1934.

CAMBALACHE /  Robavecchia

Tango 1934

 Musica: Enrique Santos Discépolo

Letra : Enrique Santos Discépolo

Traduzione Pablo Helman dal libro “Canzoni di una vita, canzoni di tante vite”

Che il mondo fu e sarà una porcheria

Già lo so…

(nel cinquecento sei come pure nel duemila!).

Che sempre ci sono stati ladri,

i machiavelli, i truffati, i contenti e gli amareggiati,

valori e falsità…

Ma che il ventesimo secolo sia uno sfoggio

di malvagità insolenti

già non c’è chi lo neghi.

Viviamo mescolati

In una meringa

Tutti immersi nello stesso fango

Tutti manipolati…

Oggi risulta che è lo stesso

Essere onesto o traditore,

ignorante, saggio o ladro,

generoso o truffatore.

Tutto è uguale!

Niente è migliore!

È lo stesso essere un somaro

Che un grande professore!

Non ci sono bocciati

 né graduatoria

gli immorali

ci hanno eguagliato.

Se uno vive nell’ impostura

e un altro ruba nella sua ambizione,

fa lo stesso che sia prete,

materassaio, re di bastoni,

faccia tosta o clandestino!..

Giuseppe Verdi – “O Signore dal tetto natio” – I Lombardi alla prima crociata

Enrique Santos Discépolo – Cambalache

AMICI IN VIAGGIO: Prima puntata

IN VIAGGIO CON ROSASPINA BRIOSA

ll BLOG  “UN TANGO CON IL TENORE” ha raggiunto da poco un anno di vita.

Il Blog è nato per caso, sulla spinta di correnti sinergiche che inaspettatamente, senza nessun tipo di connessione si sono incrociate, un po’ come in fondo è accaduto per l’inizio del Big Bang, dando il via alla creazione del pianeta terra, così altrettanto ha preso forma l’idea di scrivere di tango e lirica.

La similitudine descritta è ovviamente in senso ironico, anche se il Blog è stato per la mia vita un vero Big Bang e le persone coinvolte, che hanno creduto e sostenuto Rosaspina Briosa, hanno in comune la stessa caratteristica: la forza di perseverare nei sogni.

Giuseppe Scarparo, Chiara Cecchinato,  Alessandro Uccello con Angela Lucerna, Nicoletta Santini e l’Inviato speciale in incognito, grazie !

In un mondo sempre più virtuale, dove tutto è raccontato a tempo immediato, senza più pause per assorbire e sviluppare un proprio senso critico, al punto tale che non riusciamo più a distinguere la realtà della vita da quella che ci viene raccontata, ho pensato di ringraziarli con una breve video intervista, cercando di cogliere la loro gioia per la vita.

Il primo è Giuseppe Scarparo che una mattina di Marzo, mi chiamò svegliandomi e  mi domandò: Svelta dammi un nome che sto registrando il blog per te!Così, spontaneamente e mezza addormentata il mio cuore parlò : “Un tango con il tenore

Il video che segue è il risultato di una piacevole chiacchierata sul tango con un Maestro fuori dalle righe …

Giuseppe Scarparo e Rosaspina Briosa

Donne libere nella musica

8 Marzo 2022, giornata internazionale della Donna.

Vi è un’opera, che a breve vi introdurrò, alla quale è successo, come purtroppo accade talvolta anche alle belle persone ricche di talenti, di “rimanere in panchina”, per i motivi più svariati, perché non si uniformano ad un modello idealizzato, o a causa di un preconcetto caratteriale che le ha segnate per sempre e rimangono nascoste, ingabbiate dal peso della vita.

Lo stesso è accaduto a quest’opera lirica, il cui giudizio espresso in forma fin troppo severa dall’autore, ha pregiudicato la sua leggera bellezza già dagli albori, come quando nasce un bambino e si dice: “Peccato ha preso il naso dal nonno.”

Ho scelto quest’opera, pensando a tutte le donne e quindi quale data migliore di quello di oggi: 8 Marzo.

In tanti abbiamo dedicato tempo, pensieri e piccoli gesti per diffondere la consapevolezza che un cambiamento è necessario e possibile. Occorre rendere reali le pari opportunità tra uomini e donne, perché vi sia un domani una società più eguale.

Altrettando quest’opera, come una persona dall’anima bella, può nel tempo acquisire sempre maggiore considerazione e prestigio, sedere accanto alle altre sorelle maggiori, nel tempio dell’opera, non sentendosi più la cenerentola.

Prima di proseguire a scrivere, vorrei invitare chi ama l’opera a fare questa prova seguendo le istruzioni passo per passo ed avendo fede!

Telefonino in mano, YouTube, cuffiette, scarpe da ginnastica. Liberate completamente la mente da tutto ciò di cui fino ad oggi avete letto e sentito di quest’opera.

Partite soli, in passeggiata, campagna, montagna o lago.

Lasciate che sia la musica e l’interpretazione del meraviglioso cast che vi propongo, nell’ edizione del 1966, a farvi compagnia.

Sarà la musica a raccontarvi la storia, le scene prenderanno forma davanti a voi, un viaggio verso sentimenti che ancora oggi ci segnano, gesti così femminili nei quali noi donne possiamo riconoscerci… come quando nel dialogo amoroso di seduzione… lei gli chiede: Metto il rossetto?”

Mi sorprendo tutte le volte dell’attualità drammaturgica dell’opera, o forse, della bravura introspettiva dei librettisti e di questo magnifico Maestro che tanto amò le donne da difendere la loro dignità e libertà dai luoghi comuni, che le voleva rilegate solamente nel ruolo di custode del focolaio domestico.

Da subito, l’intermezzo si apre con una melodia che ritroviamo poi in tutti i momenti di maggiore pathos, un crescendo emotivo che rappresenta il filo rosso tra i protagonisti.

La lirica è una delle più delicate che Puccini abbia composto, richiama vagamente la Bohème, cosi come possiamo con attenzione cogliere qua e là in tuta l’opera richiami ad altre, un omaggio alla Traviata, nella figura di Magda, un richiamo a Turandot nelle dissonanze … eppure il maestro non era soddisfatto.

Come spesso accade, si aggredisce l’altro quando avremmo voluto esser noi i primi a portare l’innovazione, l’invidia, si sa, non è un compagno amichevole di viaggio.

Fu così che Puccini scrisse alla sua intima amica Sybil Seligman, che lui non avrebbe mai scritto un’operetta come Leoncavallo, la cui bellezza oggi noi tutti riconosciamo.

Puccini in effetti non scrisse un’operetta, lui anticipò i tempi: come non vedervi, il musical, My Fair Lady, ma più ancora Fred Astaire e Ginger Rogers, nel film Cappello a cilindro.

Nel secondo atto, l’ambientazione è in un famoso locale notturno di Parigi, al Bal Bullier, dove l’amore nasce da un incontro casuale, tra Magda e Ruggero, nell’allegria corale di una sera di primavera. Tutto è in fiore e la guerra che si avvicinava sempre di più, siamo nel 1915 mentre Puccini componeva, può per un breve momento non esistere.

Ci culla il motivo del sogno di Doretta, quel tocco ritmato, puntellato da una voce lirica e allo stesso tempo in grado di sostenere acuti e vibrazioni, che segnano il languore, avrete ormai capito che sto parlando de La Rondine.

Certo che ci vuole un direttore con i controfiocchi, in grado di sottolineare ogni passaggio per rendere la musica vibrante e non una accozzaglia dove o vi è troppa confusione o è monotona perché sembra tutta uguale, come se il tema musicale fosse sempre lo stesso, ma non lo è.

Alla riuscita dell’opera occorre anche disporre degli interpreti con grandi capacità recitative, il parlato ha il suo peso e la padronanza del fraseggio anche.

In alcuni punti oso perfino dire che Puccini si è divertito a ricordarci Rossini.

Perché il maestro non era felice?

Perché anche lui è umano e quando si è intristiti dentro per il peso dell’anima, compromessa forse per non aver scelto l’amore sentimentale, tema dell’opera, lo rendeva ipercritico, scettico, giudicava l’opera ma giudicava se stesso.

 Più volte vi mise mano per cambiarne il finale e per fortuna lo lasciò come lo conosciamo, una Doretta consapevole di se stessa e sceglie di vivere la libertà e non la vita domestica e sicura di madre e moglie.

Magda e la sua fedele cameriera Luisetta non sono altro che Thelma e Luise dei giorni nostri.

La trama apparentemente è semplice.

E’ una fotografia sociale, consolidata di ruoli e dinamiche che ancora oggi possiamo ritrovare, ma qui non vi è la drammaticità della Traviata, è piuttosto il mettere in luce come le scelte pratiche della vita che ci portano ad allontanarci da un amore romantico.

Quella dolcezza di un bacio così soavemente decantata, rimane il ricordo.

Come la rondine, simbolo della fedeltà, riprende il suo volo per immigrare verso terre più calde, così Magda lascia il suo amato … anche lei è fedele.

È fedele alla sua libertà, al suo sentire. Magda è una donna che cammina libera, perle strade del mondo, fiduciosa che niente di male potrà accaderle.

Leggerezza, non significa essere banalmente sciocche, ma consapevoli che la felicità è un attimo, perché si sono provati dolori tali da comprendere la bellezza di un sorriso di pace.

Pace, oggi è la parola che le donne invocano, pace per le donne afghane, pace per quelle russe e per le ucraine, per noi e per quelle che sono talmente soggiogate da non ricordarsi neppure più cosa significa essere libere.

Un tango è sempre il collegamento che cerco con l’opera.

Ce ne sono tanti, romantici al punto tale che se Puccini fosse vivo ne farebbe un soggetto intero di un’opera.

Ma oggi non so perché, ho solo un tango che mi suona dentro, le cui parole sono tristi e in contrasto con il sogno evocativo di Doretta, se non che entrambe hanno una grande dignità.

Vi lascio all’ascolto della voce di Roberto Goyenche , Malena nessuna balla il tango come te….

Un po’ è come ricordare quel bacio …. tra Magda e Ruggero.

Malena, tango scritto nel 1941, musica di Lucio Demare, Letra di Homero Manzi, traduzione letra di Pablo Helman, dal libero: Canzoni di una vita, canzoni di tante vite.

Malena canta il tango come ninguna Malena canta il tango come nessuna y en cada verso pone su corazón. e in ogni verso mette il suo cuore. A yuyo del suburbio su voz La sua voce profuma, di erba perfuma selvatica del sobborgo Malena tiene pena de Malena ha la tristezza del bandoneòn bandoneon Tal vez allá en la infancia Forse laggiù nell’infanzia su voz de alondra la sua voce di allodola tomó ese tono oscuro de callejón, prese quel tono buio dal vicolo, o a caso aquel romance que sólo o forse da quel romanzo che solo nombra nomina cuando se pone triste con el alcohol . quando diventa triste con l’alcol.

Malena canta el tangocon voz Malena canta il tango con voce de sombra, d’ ombra, Malena tiene pena de bandoneón. Malena ha la tristezza del bandoneón

Vostra Rosaspina Briosa

LA RONDINE, Giacomo Puccini – Moffo, Barioni, Sereni, De Palma, Sciutti & Molinari-Pradelli

MALENA, Roberto Goyeneche – letra di Homero Manzi, musica di Lucio Demare
LA RONDINE, Giacomo Puccini – MAGDA, Renata Tebaldi, ” Chi il bel sogno di Doretta”

FONTI.

Michele Girardi; Puccini la vita e l’opera, Newton Compton Editori (1989)

Maria Giovanna Miggiani; La rondine, pubblicazione del teatro del Giglio. (Settembre 2008)

Daniela Goldin Folena; La rondine: un libretto inutile, pubblicazione del teatro del Giglio. (Settembre 2008)

Gianluca Cremona; Quando il kitsch diventa arte, dal Blog Quinte Parrallele.(7 Luglio 2017)

Buon Compleanno

100 anni – 1 Febbraio 1922 – 1 Febbraio 2022

La mia voce si unisce in un canto corale per ricordare la voce d’Angelo di Renata Tebaldi.

Testo e Voce di Rosaspina Briosa – Realizzazione di EndlessChic – Montaggio di Luca Bonometti

“L’immortalità del tempo mi travolse,

il primo febbraio quando vidi la luce.

Inconsapevole del mio destino,

solo il battito del tuo cuore, riconobbi quella notte

e il mio pianto si fermò.

Fu il tuo seno ad accarezzarmi e nel calore dell’ abbraccio,

ti stringevo per consolarmi.

Voce, ancor oggi è la voce del mio cuore che vibra nel mio canto,

metronomo di vita che mi fu donata.

Rosaspina Briosa

01 Febbraio 2022 Buon Compleanno Renata fondazionerenatatebaldi.org

LUCIA CONTE: la voce del cuore tra Lirica e Tango

Il buongiorno di Lucia Conte, è come il buon caffè alla mattina, rilascia un profumo avvolgente che ti accompagna per tutto il giorno. Le sue parole sono acqua pura, nascono da un profondo rispetto e amore per la musica e l’arte.

LUCIA CONTE: la voce del cuore tra Lirica e Tango
CARMEN, George Bizet – LUCIA CONTE, “Je dis que rien ne m’épouvante”
LA DIAVOLESSA, Baldassare Galuppi – LUCIA CONTE, “una donna che apprezza il decoro”
LA FUGA IN MASCHERA, Gaspare Spontini – LUCIA CONTE, “La mia lanterna magica”
LUCIA CONTE, “Histoira de un amor” – Letra y musica de Carlos Almarán
LUCIA CONTE

LETRA HISTORIA DE UN AMOR

Carlos Almarán

Ya no estás más a mi lado, corazón

Tu non sei più al mio fianco, cuore mio

En el alma solo tengo soledad

Nella mia anima tengo solamente solitudine

Y si ya no puedo verte

E se non posso averti

¿Por qué Dios me hizo quererte?

Allora perché Dio mi ha fatto innamorare di te?

Para hacerme sufrir más

Solo per farmi soffrire di più..

Siempre fuiste la razón de mi existir

Sei sempre stata la ragione della mia esistenza

Adorarte, para mí, fue religión

Adorati per me è come una religione

En tus besos encontraba

Nei tuoi baci ho incontrato

El amor que me brindaba

L’amore che mi hai dato

El calor de tu pasión

Il calore della tua passione

Es la historia de un amor

Questa è la storia di un amore

Como no hay otro igual

Diverso da tutti gli altri

Que me hizo comprender

Che mi ha fatto comprendere

Todo el bien, todo el mal

Tutto il bene, e tutto il male

Que le dio luz a mi vida

Che ha dato luce alla mia vita

Apagándola después

Per poi spegnerla poco dopo

Ay, qué noche tan obscura

Oh, Che notte oscura

Todo se me ha de volver

Senza il tuo amore non vivrò

Ya no estás más a mi lado, corazón

Tu non sei più al mio fianco, cuore mio

En el alma solo tengo soledad

Nella mia anima tengo solamente solitudine

Y si ya no puedo verte

E se non posso averti

¿Por qué Dios me hizo quererte?

Allora perché Dio mi ha fatto innamorare di te?

Para hacerme sufrir más

Solo per farmi soffrire di più..

Es la historia de un amor

Questa è la storia di un amore

Como no hay otro igual

Diverso da tutti gli altri

Que me hizo comprender

Che mi ha fatto comprendere

Todo el bien, todo el mal

Tutto il bene, e tutto il male

Que le dio luz a mi vida

Che ha dato luce alla mia vita

Apagándola después

Per poi spegnerla poco dopo

Ay, qué noche tan oscura

Oh, Che notte oscura

Todo se me ha de volver

Senza il tuo amore non vivrò

Ya no estás más a mi lado, corazón

Tu non sei più al mio fianco, cuore mio

En el alma solo tengo soledad

Nella mia anima tengo solamente solitudine

Y si ya no puedo verte

E se non posso averti

¿Por qué Dios me hizo quererte?

Allora perché Dio mi ha fatto innamorare di te?

Para hacerme sufrir más

Solo per farmi soffrire di più..

LUCIA CONTE, SOPRANO ITALIANO.

FONTI

Materiale fotografico reso disponibile da Lucia Conte

Si ringraziano i seguenti fotografi:

Antonio Perrone http://www.perronephoto.it/

Fabio Gianardi https://www.fabiogianardifotografo.com/

Mariateresa Contando https://www.facebook.com/mariateresa.contaldo

Chiara Cecchinato di Endlesschic https://www.endlesschicnaturecolors.com/

UN TANGO PER MACBETH: il fascino di una donna al servizio del potere

Macbeth è l’opera che più di altre Verdi ha profondamente amato.

Nei margini dello spartito originale, vi sono appunti e riflessioni intime, come spesso accade a tutti noi quando leggiamo qualcosa di molto caro, viene istintivo aggiungere qualcosa perché si teme di perderla.

 L’attenzione per i dettagli come la sottolineatura dell’interpretazione recitativa e drammatica delle voci, che diverrà da qui in poi l’elemento di distinzione di tutti i lavori di Giuseppe Verdi, fa sì che il Macbeth, sia considerata l’opera di passaggio della sua formazione artistica, da quella giovanile a quella adulta.

Il libretto scritto quasi completamente dal Maestro, è la riduzione dell’opera di William Shakespeare, per poterla trasformare in quattro atti per il teatro lirico.

Verdi, grande ammiratore di Shakespeare, ha voluto riportare fedelmente la trama, motivo per il quale non concesse a nessuno questa operazione di taglio e scrisse il testo in prosa italiana, solo successivamente venne poi affidato alla penna di Francesco Maria Piave che ne curò la verseggiatura per il canto.

Il libretto subì ulteriori variazioni, una volta terminato, da parte di Maffei, che toccò due delle parti più importanti di tutta l’opera, il coro delle streghe e la scena del sonnambulismo di lady Macbeth.

Prima di addentrarci nel vivo della storia, procediamo con ordine.

I personaggi sono pochi: Ducano il re di Scozia, una figura che è quasi un’ombra, uno spettro ancora prima di essere ucciso, non canta e non parla.

Macbeth, baritono, protagonista di questa storia è colui che ucciderà Ducano e tradirà Banco, basso, suo amico, entrambi valorosi generali e compagni d’armi di Ducano.

Lady Macbeth, soprano, rappresenta la luce e l’oscurità per l’anima di Macbeth.

Verdi non ha bisogno di dare spessore psicologico ai personaggi, diremo noi oggi, attinge a piene mani dal lavoro originale di Shakespeare.

 Il contributo del Maestro, consapevole dei forti tagli poetici che l’opera aveva subito, è tutto nel ridare poesia alla musica, quella ricerca melodica e drammatica che non lo abbandonerà più; la sua attenzione è poi rivolta nel trovare la voce giusta che possa esprimere l’anima di Lady Macbeth.

Questa, come afferma lo stesso Verdi, “non deve essere bella, ma una voce aspra, soffocata e cupa che avesse del diabolico“, questo è uno dei motivi per cui non si assiste spesso alle rappresentazioni di Macbeth al Teatro, occorre avere un soprano con queste colorature.

Macduff, tenore, nobile scozzese, Malcom figlio del re Ducano tenore e Flaenzo figlio di Banco, sono le altre figure presenti nel dramma, ruoli minori ai quali Verdi dedica molta cura.

Da subito Verdi vuole che sia ben chiaro l’importanza e la rilevanza che ha il coro.

Le streghe specifica chiaramente che devono essere divise in tre drappelli e sarebbe ottima cosa che fossero 6,6,6 in tutto 18.

Non certo quello che abbiamo assistito alla prima della Scala nell’ edizione del 2021, la movimentazione delle streghe coreograficamente non ha aggiunto niente, se non che, ha creato confusione nello spettatore, il Maestro avrebbe voluto che l’attenzione rimanesse sulla musica e il canto.

La trama sviscera le forme oscure in cui prendono forma: l’ambizione e il desiderio di potere, politica, donne e soldi, temi attuali a Shakespeare come a Verdi e anche oggi sono monito per la classe dirigente e colta del Paese.

Il pubblico che oggi ha assistito alla Prima, non era poi così tanto diverso da quello di Verdi e di Shakespeare quando lo rappresentò alla corte di Elisabetta I regina d’Inghilterra.

Ieri come oggi è un messaggio di monito di attenzione per la classe dirigente, dove l’aberrazione sfocia in un assassinio, premeditato e non passionale.

La profezia delle streghe, scatena l’ambizione in Macbeth e nella sua Lady, la complicità di coppia diventa terreno fertile per creare la congiura e manipolare la scalata sociale per arrivare al trono, al posto di potere, di comando decisionale.

Il teatro prende vita e quello che vediamo raccontato come una storia antica sul palcoscenico, non è poi tanto diversa dalle dinamiche che si svolgono all’interno di un palazzo politico, di una casa farmaceutica, di un’università o di un teatro stesso.

Non si arriva forse ad un omicidio morale, quando si utilizzano soldi pubblici per progetti non utili al bene comune? Quando si vendono vaccini ad un costo che genera un profitto eccessivo? Quando si nominano Rettori o Direttori artistici per garantire una cordata di alleanze a discapito di persone più preparate? O quando nei teatri di prosa come nella lirica si propongono contratti ad attori o cantanti per ruoli non adatti che devono interpretare?

Allora come oggi, sono gli artisti a sollevare quel velo di ipocrisia con il quale ci copriamo occhi. Purtroppo figure di riferimento, come fu Giovanni Zenatello per la lirica italiana, sono rarissime, al punto tale che non hanno la voce per imporsi nella confusione assordante del Foyer .

 Shakespeare come Verdi, denunciano ruoli e comportamenti, che nella storia si ripetono e si perdono nella fragilità dell’essere umano.

Eppure anche questa edizione che voleva dare una lettura nuova e moderna, in realtà si è ritrovata intrappolata ancora prima di nascere nelle dinamiche del Macbeth stesso, non è riuscita ad evidenziare un archetipo storico.

“Condannare tutte le donne, per aiutare alcuni uomini fuorviati a superare il loro comportamento insensato, equivale a denunciare il fuoco, che è un elemento vitale e benefico, solo perché alcune persone ne vengono bruciate, o maledire l’acqua, solo perché alcune persone vi annegano”.

Sono parole della scrittrice Christine de Pisan, nata a Venezia nel 1364, storica bolognese che visse in Francia.

Già allora lei evidenziava come lo stigma di donna libera e determinata contenesse in sé un’ accezione come diabolica, ambiziosa e spregiudicata.

E’  Lady Macbeth la vera responsabile ed istigatrice dell’ambizione del marito?

La risposta è nella scena del sonnambulismo, Verdi si pone come se l’era posto Shakespeare, la stessa riflessione di Christine de Pisan.

Shakespeare ne fa una delle pagine poetiche più intense del Macbeth e Verdi non gli è da meno, scrivendo una delle più belle partiture musicali drammatiche, raccoglie nel tormento del canto di lady Macbeth, l’impossibilità di chiedere perdono: pietà, rispetto e amore era ciò che cercava.

La donna in questo ruolo identificato della fantasia collettiva, segnata marcata come diabolica, troviamo le origini di convinzioni collettive sul mondo femminile che ancora oggi la nostra società è portatrice.     Verdi attraverso la musica e Shakespeare attraverso la prosa le donano, una chance di espiazione.

La mia conclusione personale è che Verdi era più moderno di noi tutti messi assieme e talmente lungimirante da scrivere che la sua opera non venisse rimaneggiata.

Vanità delle vanità, chi  scaglia la prima pietra? Io di certo non lo farò.

Mi limito a suggerire agli appassionati di lirica una riflessione proposta da un canto tanguero, come ai tangueri che avranno letto questo breve articolo e si presteranno all’ascolto del Macbeth, sicuramente comprenderanno con più facilità la poeticità del linguaggio di questo tango.

La letra, è il termine utilizzato per il testo cantato nel tango, parla di un amore “senza parole questa musica ti ferirà, ovunque il tuo tradimento la ascolterà”.

Pentimento è il legame che ora unisce la coppia Macbeth, un tradimento reciproco è alla base del loro rapporto, h anno sacrificato il loro amore per l’ambizione del potere e del prestigio e genera dolore, così come l’amore perduto tra gli amanti è cantato in questo tango.

Sin palabras/Senza parole traduzione di Carla de Benedicts

Musica di Mariano Mores, Letra di Enrique Santos Discepolo

È nato da te

Cercando un canto che ci unisse,

e oggi so che è crudele, brutale, forse,

la punizione che ti do.

Senza parole questa musica ti ferirà,

ovunque il tuo tradimento la ascolterà…

nella notte più folle, nel giorno più triste,

sia che tu rida o che tu pianga la tua illusione.

Perdonami se è Dio

che ha voluto punirti infine

se ci sono lacrime che così possono continuare,

queste note che sono nate per amore tuo,

alla fine sono una tortura che rinnova le ferite di una storia…

sono pene, sono ricordi…

fantoccio ferito, il mio dolore, si alzerà ogni volta

che tu ascolterai questo canto!

Vostra Rosaspina Briosa®️, augura a tutti buon ascolto!

SIN PALABRAS, Robert Goyeneche
MACBETH, Giuseppe Verdi – 1 atto, Le Streghe
MACBETH, Giuseppe Verdi – PIETÁ RISPETTO AMORE, Ludovic Tèzier
MACBETH, Giuseppe Verdi – NEL DI DESLLAVITTORIA …VIENI T’ AFFRETTA …OR TUTTI SORGETE, Saioa Hernandez
MACBETH, Giuseppe Verdi – UNA MACCHIA É QUI TUTTORA, Anna Pirozzi

FONTE:

Charles Osborne; Tutte le opere di Verdi, (1979)

Carla De Benedictis; Parole Parole Parole di tango, (2018)

La violenza

Perché la violenza e il tango?  

Perché per superare la violenza, bisogna ritrovare la bellezza che c’è in noi e il tango ci prende per mano per aiutarci a riscoprirla.

Perché la violenza e il tango sono suoni e fisicità, si muovono insieme, crescono con noi, si camuffano tra le pieghe della vita, ma mentre la violenza, lentamente ci paralizza, il tango ci guarisce.

La violenza è fatta, di brividi, sudore, vuoto, disorientamento, un tormento che non trova pace al punto tale che lo si nega prima di tutti a se stessi.

Questa è la violenza, una scissione dell’anima tra il prima e il dopo, non si riaggiusta, senza rinascere da un nuovo “io”.

Un nuovo io che nasce da una nuova voce. Qual è quell’elemento che unisce le voci delle donne al Tango?

Il rispetto è l’anello di congiunzione.

Difronte alla devastazione, la musica in particolare è in grado di curare la ferita dell’anima.

Il tango è musica.

Si avvicina silenziosamente e nel suo abbraccio, ricerca una fisicità fatta di vita e ogni “tanda” diventa unica in quanto incontro tra due persone.   Nel ballo e nell’ascolto si esplorano le emozioni: la tenerezza, l‘accoglienza, la passione, la sensualità e il rispetto.

Il tango ha una storia lunga e complessa, nasce dal flusso migratorio di culture diverse che si sono incrociate tra Montevideo e Buenos Aires tra l’estuario del Rio della Plata tra la fine dell‘800 ed i primi del ‘900.

Attraverso il linguaggio della musica e del corpo, il tango è stato catalizzatore di un grande e continuo processo rivoluzionario sociale e culturale che ancora oggi è in atto, tanto da essere nominato, nel 2009, patrimonio immateriale dell’umanità.  

Il Tango è espressione di uno sviluppo dell’emancipazione femminile straordinario, per la prima volta la donna è legittimata, attraverso un ballo, ad esprimere la sua femminilità e sensualità in pubblico. Per ballar bene il tango, la donna deve contrapporsi all’uomo, riconoscendo la sua stessa importanza, non abbandonandosi ad un ruolo passivo.

Attraverso la letra, il testo della canzone del tango, diventa così possibile esprimere quello che diversamente non sarebbe stato possibile sulla condizione femminile, ma anche su quella sociale.

Ci si sofferma tropo poco a comprendere i testi delle letre, che balliamo, presi come siamo dalla musicalità, mai ci aspetteremmo di ballare su parole poetiche, crude e taglienti come solo la vita può esserlo.

I brani che vi propongo per l’ ascolto, mi sono stati suggeriti da cari amici tangueri di Genova. Gli ho trovati molto attuali e perfetti da dedicare oggi a tutti noi, senza distinzione di donna o uomo, perché la violenza non ha sesso, non ha età , non ha colore della pelle.

Naranja en flor”, musica di Virgilio Exposito, e letra di Homero Exposito, orchestrata da Anibal Troilo, cantata da Floreal Ruiz.

Era più pura dell’acqua sono le parole inziali di questo meraviglioso tango, si parla di stupro, attraverso una metafora, poiché negli anni ’20 non era ancora pensabile pronunciare questa parola ad alta voce. Solo l’acqua è l’elemento primario per la vita, nell’acqua nasciamo, dell’acqua necessitiamo per vivere e  per ripulirsi dopo uno stupro. Solo un poeta avrebbe potuto con occhi amorevoli trovare un simile paragone.

NARANJAN EN FLOR – Orchestrata da Anibal Troilo, musica di Virgilio Exposito, e letra di Homero Esposito, cantata da Floreal Ruiz

Il brano successivo è: “Un crimen”, musica e letra di Luis Rubistein, orchestrata da Miguel Calò, cantata da Raùl Beron.

Il tema purtroppo sempre attuale, il femmicidio, dramma che nasce dal sentimento della gelosia.

Le parole scritte nel 1942, possiamo  ritrovarle sulle testate giornalistiche di oggi: “La mia gelosia è finita in follia e nel mezzo dell’inferno mi sono perso…”.

Letra:

Mi drama señor juez es la historia
Que puede comenzar por el final
Ya se que en lo grotesco de mi gloria
No es facil parecer sentimental
La vida que le di fue una tortura
Y su alma soportó mi frenesi
Mis celos terminaron en locura
Y en medio de un infierno me perdi
Y vi neblina en sus ojos
Cuando mis dedos de acero
En su cuello de nacar
Bordaron un collar
Rodo besando mis manos
Y apenas pudo gritar
Su voz se ahogo sin reproche
Y así mansamente tu fin???
Tengo su angustia en mis ojos
Y no la puedo arrancar
Yo quiero señor juez con esta historia
De un crimen tan perverso y tan brutal
Que no haya ni una marca en su memoria
Ni sepan que era buena y le hice mal

Traduzione:

Il mio dramma signore giudice è  la mia storia
Che posso raccontare  dalla fine.

 La mia fama è grottesca e mi precede.
Non è facile sembrare innamorato
La vita che le ho dato è stata una tortura
e la sua anima ha sopportato la mia frenesia
La mia gelosia è finita in follia
e nel mezzo dell’inferno mi sono perso
e ho visto la foschia nei suoi occhi
Quando le mie dita d’acciaio
sul suo collo di madreperla
hanno ricamato una collana
Rotolò baciandomi le mani
e riusciva a malapena a gridare
La sua voce era soffocata, senza rimproveri
E così dolcemente è stata la tua fine ???
Ho la sua angoscia nei miei occhi
e non posso dimenticarlo
Desidero  signore giudichi che questa storia

un crimine così malvagio e  brutale
non ne rimanga il segno della sua memoria
Non so più se fu bello e le feci  male

Non ricordo più se fosse buona e le feci del male

UN CRIMEN, orchestrata da Miguel Calò, musica e letra di Luis Rubistein, cantata da Raùl Beron.

Per ultimo, per chiudere in leggerezza, dimensione di cui necessitiamo, per avere speranza e fiducia, un tango, la cui poeticità e il ritmo melodico e turbinoso, rende consapevoli che la felicità è l’istante di un momento.

“Lavida es una milonga”: musica di Fernando Monton, letra di Rodolfo Sciammarella, orchestrazione di Pedro Laurenz,  cantata da Martin Podestà.

La vita è una milonga e devi saper ballare, perché è triste star seduto mentre gli altri ballano.”

E con queste parole, Rosaspina Briosa, augura a tutte le donne di ritrovare se stesse!

Rosaspina Briosa ®️

LAVIDA ES UNA MILONGA. orchestrazione di Pedro Laurenz, musica di Fernando Monton, letra di Rodolfo Sciammarella,  cantata da Martin Podestà.