Donne libere nella musica

8 Marzo 2022, giornata internazionale della Donna.

Vi è un’opera, che a breve vi introdurrò, alla quale è successo, come purtroppo accade talvolta anche alle belle persone ricche di talenti, di “rimanere in panchina”, per i motivi più svariati, perché non si uniformano ad un modello idealizzato, o a causa di un preconcetto caratteriale che le ha segnate per sempre e rimangono nascoste, ingabbiate dal peso della vita.

Lo stesso è accaduto a quest’opera lirica, il cui giudizio espresso in forma fin troppo severa dall’autore, ha pregiudicato la sua leggera bellezza già dagli albori, come quando nasce un bambino e si dice: “Peccato ha preso il naso dal nonno.”

Ho scelto quest’opera, pensando a tutte le donne e quindi quale data migliore di quello di oggi: 8 Marzo.

In tanti abbiamo dedicato tempo, pensieri e piccoli gesti per diffondere la consapevolezza che un cambiamento è necessario e possibile. Occorre rendere reali le pari opportunità tra uomini e donne, perché vi sia un domani una società più eguale.

Altrettando quest’opera, come una persona dall’anima bella, può nel tempo acquisire sempre maggiore considerazione e prestigio, sedere accanto alle altre sorelle maggiori, nel tempio dell’opera, non sentendosi più la cenerentola.

Prima di proseguire a scrivere, vorrei invitare chi ama l’opera a fare questa prova seguendo le istruzioni passo per passo ed avendo fede!

Telefonino in mano, YouTube, cuffiette, scarpe da ginnastica. Liberate completamente la mente da tutto ciò di cui fino ad oggi avete letto e sentito di quest’opera.

Partite soli, in passeggiata, campagna, montagna o lago.

Lasciate che sia la musica e l’interpretazione del meraviglioso cast che vi propongo, nell’ edizione del 1966, a farvi compagnia.

Sarà la musica a raccontarvi la storia, le scene prenderanno forma davanti a voi, un viaggio verso sentimenti che ancora oggi ci segnano, gesti così femminili nei quali noi donne possiamo riconoscerci… come quando nel dialogo amoroso di seduzione… lei gli chiede: Metto il rossetto?”

Mi sorprendo tutte le volte dell’attualità drammaturgica dell’opera, o forse, della bravura introspettiva dei librettisti e di questo magnifico Maestro che tanto amò le donne da difendere la loro dignità e libertà dai luoghi comuni, che le voleva rilegate solamente nel ruolo di custode del focolaio domestico.

Da subito, l’intermezzo si apre con una melodia che ritroviamo poi in tutti i momenti di maggiore pathos, un crescendo emotivo che rappresenta il filo rosso tra i protagonisti.

La lirica è una delle più delicate che Puccini abbia composto, richiama vagamente la Bohème, cosi come possiamo con attenzione cogliere qua e là in tuta l’opera richiami ad altre, un omaggio alla Traviata, nella figura di Magda, un richiamo a Turandot nelle dissonanze … eppure il maestro non era soddisfatto.

Come spesso accade, si aggredisce l’altro quando avremmo voluto esser noi i primi a portare l’innovazione, l’invidia, si sa, non è un compagno amichevole di viaggio.

Fu così che Puccini scrisse alla sua intima amica Sybil Seligman, che lui non avrebbe mai scritto un’operetta come Leoncavallo, la cui bellezza oggi noi tutti riconosciamo.

Puccini in effetti non scrisse un’operetta, lui anticipò i tempi: come non vedervi, il musical, My Fair Lady, ma più ancora Fred Astaire e Ginger Rogers, nel film Cappello a cilindro.

Nel secondo atto, l’ambientazione è in un famoso locale notturno di Parigi, al Bal Bullier, dove l’amore nasce da un incontro casuale, tra Magda e Ruggero, nell’allegria corale di una sera di primavera. Tutto è in fiore e la guerra che si avvicinava sempre di più, siamo nel 1915 mentre Puccini componeva, può per un breve momento non esistere.

Ci culla il motivo del sogno di Doretta, quel tocco ritmato, puntellato da una voce lirica e allo stesso tempo in grado di sostenere acuti e vibrazioni, che segnano il languore, avrete ormai capito che sto parlando de La Rondine.

Certo che ci vuole un direttore con i controfiocchi, in grado di sottolineare ogni passaggio per rendere la musica vibrante e non una accozzaglia dove o vi è troppa confusione o è monotona perché sembra tutta uguale, come se il tema musicale fosse sempre lo stesso, ma non lo è.

Alla riuscita dell’opera occorre anche disporre degli interpreti con grandi capacità recitative, il parlato ha il suo peso e la padronanza del fraseggio anche.

In alcuni punti oso perfino dire che Puccini si è divertito a ricordarci Rossini.

Perché il maestro non era felice?

Perché anche lui è umano e quando si è intristiti dentro per il peso dell’anima, compromessa forse per non aver scelto l’amore sentimentale, tema dell’opera, lo rendeva ipercritico, scettico, giudicava l’opera ma giudicava se stesso.

 Più volte vi mise mano per cambiarne il finale e per fortuna lo lasciò come lo conosciamo, una Doretta consapevole di se stessa e sceglie di vivere la libertà e non la vita domestica e sicura di madre e moglie.

Magda e la sua fedele cameriera Luisetta non sono altro che Thelma e Luise dei giorni nostri.

La trama apparentemente è semplice.

E’ una fotografia sociale, consolidata di ruoli e dinamiche che ancora oggi possiamo ritrovare, ma qui non vi è la drammaticità della Traviata, è piuttosto il mettere in luce come le scelte pratiche della vita che ci portano ad allontanarci da un amore romantico.

Quella dolcezza di un bacio così soavemente decantata, rimane il ricordo.

Come la rondine, simbolo della fedeltà, riprende il suo volo per immigrare verso terre più calde, così Magda lascia il suo amato … anche lei è fedele.

È fedele alla sua libertà, al suo sentire. Magda è una donna che cammina libera, perle strade del mondo, fiduciosa che niente di male potrà accaderle.

Leggerezza, non significa essere banalmente sciocche, ma consapevoli che la felicità è un attimo, perché si sono provati dolori tali da comprendere la bellezza di un sorriso di pace.

Pace, oggi è la parola che le donne invocano, pace per le donne afghane, pace per quelle russe e per le ucraine, per noi e per quelle che sono talmente soggiogate da non ricordarsi neppure più cosa significa essere libere.

Un tango è sempre il collegamento che cerco con l’opera.

Ce ne sono tanti, romantici al punto tale che se Puccini fosse vivo ne farebbe un soggetto intero di un’opera.

Ma oggi non so perché, ho solo un tango che mi suona dentro, le cui parole sono tristi e in contrasto con il sogno evocativo di Doretta, se non che entrambe hanno una grande dignità.

Vi lascio all’ascolto della voce di Roberto Goyenche , Malena nessuna balla il tango come te….

Un po’ è come ricordare quel bacio …. tra Magda e Ruggero.

Malena, tango scritto nel 1941, musica di Lucio Demare, Letra di Homero Manzi, traduzione letra di Pablo Helman, dal libero: Canzoni di una vita, canzoni di tante vite.

Malena canta il tango come ninguna Malena canta il tango come nessuna y en cada verso pone su corazón. e in ogni verso mette il suo cuore. A yuyo del suburbio su voz La sua voce profuma, di erba perfuma selvatica del sobborgo Malena tiene pena de Malena ha la tristezza del bandoneòn bandoneon Tal vez allá en la infancia Forse laggiù nell’infanzia su voz de alondra la sua voce di allodola tomó ese tono oscuro de callejón, prese quel tono buio dal vicolo, o a caso aquel romance que sólo o forse da quel romanzo che solo nombra nomina cuando se pone triste con el alcohol . quando diventa triste con l’alcol.

Malena canta el tangocon voz Malena canta il tango con voce de sombra, d’ ombra, Malena tiene pena de bandoneón. Malena ha la tristezza del bandoneón

Vostra Rosaspina Briosa

LA RONDINE, Giacomo Puccini – Moffo, Barioni, Sereni, De Palma, Sciutti & Molinari-Pradelli

MALENA, Roberto Goyeneche – letra di Homero Manzi, musica di Lucio Demare
LA RONDINE, Giacomo Puccini – MAGDA, Renata Tebaldi, ” Chi il bel sogno di Doretta”

FONTI.

Michele Girardi; Puccini la vita e l’opera, Newton Compton Editori (1989)

Maria Giovanna Miggiani; La rondine, pubblicazione del teatro del Giglio. (Settembre 2008)

Daniela Goldin Folena; La rondine: un libretto inutile, pubblicazione del teatro del Giglio. (Settembre 2008)

Gianluca Cremona; Quando il kitsch diventa arte, dal Blog Quinte Parrallele.(7 Luglio 2017)

HABANERA, LA DANZA DELL’AMORE TRA LIRICA E TANGO

Tra le opere che maggiormente hanno un richiamo artistico internazionale, al punto tale che tutti, ma dico tutti, sanno riconoscere l’aria cantata alle prime note, vi è Carmen.

Carmen, di Georges Bizet, è un’opera tragica in quattro atti, liberamente tratto dal romanzo Carmen di Prosper Mérimée, andò in scena per la prima volta all’ Opéra -Comique di Parigi, il 3 Marzo 1875.

Siamo talmente catturati dalla sua musicalità e dalla trama rocambolesca, che tutta la nostra curiosità di contemporanei la spendiamo per documentarci sull’opera e conosciamo ben poco del compositore stesso.

La profondità e la complessità psicologica dei personaggi, – Carmen la zingara voce da mezzosoprano, don José il sergente voce da tenore, amante di Carmen, Escamillo torero voce da baritono, corteggiatore di Carmen e rivale di don José, Micaela innamorata di don José voce da soprano e sua amica fedele – hanno fatto di quest’opera un vero capolavoro tanto innovativo nell’ intreccio della storia da apparire scandaloso. Non vi sono figure di riferimento positive o negative, hanno tutti uno spessore umano reale, luce e ombra, come nella vita.

Carmen che canta l’aria di Habanera, il cui testo è scritto direttamente da Bizet, suscita in tutti noi, ancora oggi, la spontanea seduzione della fantasia, della sensualità mascherata dall’ illusione d’amore. Attraverso la rappresentazione scenica, siamo spinti emotivamente a riflessioni personali sul nostro stato attuale di vita sentimentale – immaginate l’effetto che deve aver fatto su un pubblico di fine ‘800 -. Gli spettatori alla “prima” rimasero ammutoliti al punto da ritenere l’opera sovversiva all’ordine sociale.

Bizet, così come la sua Carmen, non si aspettava un finale tragico ed imprevedibile che il destino aveva in serbo per lui, beffandolo della soddisfazione di essere riconosciuto un grande tra i grandi in vita.  Morì all’età di 37 anni, il 3 Giugno 1875, tre mesi dalla rappresentazione della prima, presumibilmente per motivi di salute, era cagionevole e soffriva di “angina pectoris”, dolore al petto causati forse da un’ischemia.

 Un arresto cardiaco improvviso, sicuramente causato da più motivi, non ultimo l’insuccesso di una vita artistica dalle alte aspettative, prognosticatogli ancora da piccolo per il suo talento geniale verso la musica e il pianoforte.

Bizet nacque in una famiglia di musicisti, la madre lo seguì nello studio del piano ed all’età di dieci anni venne ammesso al conservatorio.

Uno studio rigoroso lo portò presto a vincere delle borse di studio, fino a conseguire il premio più ambito il Prix de Rome all’età di vent’anni, garantendogli un soggiorno di cinque anni in Italia, con il compito di inviare una composizione musicale all’Accademia francese una volta all’anno .

 Il periodo in Italia fu il più felice e sereno della sua breve vita.

E’ presumibile pensare che nei suoi viaggi tra Roma, Napoli e Firenze si portò via dei ricordi, delle musiche sentite per strada, frammenti di quadri di vita che ha sintetizzato magistralmente nella Carmen, trasmettendo quella vitalità complessa fatta di contraddizioni che la vita stessa è.

Un magnifico baccano da circo” venne definito dagli orchestrali che trovarono difficoltoso seguire questa nuova partitura.

 La trama della Carmen è complessa – un dramma – che finisce con il femmicidio, – di una donna la cui unica colpa era stata quella di scegliere il proprio destino e di rimanere libera a qualsiasi costo. Questo non era sicuramente il soggetto giusto per una teatro tradizionale ed famigliare, come quello della Opéra -Comique di Parigi, tanto è che venne classificata sotto il  genere opera-comique.

La prima venne accolta freddamente e questo certamente non sostenne il povero Bizet, il quale già usciva provato da un periodo depressivo, a conseguenza della salute cagionevole, dell’affettività familiare difficile con la moglie e il mancato riconoscimento dei suoi lavori da compositore che lo costringevano a lavori alternativi come quello di dare lezione d’insegnamento musicale.

Posso solo immaginare le insicurezze profonde e l’ amarezza che tutto possa avergli causato. La musica, comporre, diveniva così  il suo rifugio privato, ed ecco che Carmen è la sua voce al femminile che esprime la disillusione di una passionalità fatta di carne e sangue che non trova riconoscimento continuativo, perché l’amore è un sentimento ribelle.

L’amore è un uccello ribelle

che nessuno può imprigionare

Ed è proprio invano che chiamiamolo

Se per lui è comodo di rifiutare

Niente lo muove, né minacce né preghiere

Uno parla bene, l’altro rimane zitto

Ed io preferisco quest’altro

Non mi dice niente ma mi piace

L’amore! L’amore! L’amore! L’amor

 L’euforica vitalità musicale che non lascia spazi vuoti e tiene il ritmo serrato si contrappone al dramma della povertà e alla crudezza delle scene di “vita reale”, in un forte contrasto che crea scandalo come solo un’altra opera era stata capace di fare la Traviata.

Carmen, seduce con la sua femminile presenza scenica, è padrona di sé stessa e non si lascia manipolare dalle debolezze dei caratteri maschili, non accettando alcun tipo di compromesso sfida la fatalità drammatica del suo destino, svelatole dalla lettura dei tarocchi. Lei è la padrona del suo corpo, del suo desiderio e della sua vita, ma nello stesso tempo è anche la personificazione di quell’amore bellicoso, tortuoso, che ti spinge nei baratri bui della tua personalità, forzandoti ad osservare cosa c’è oltre il confine dell’amore inteso come la ricerca della propria metà che completa la tua anima.

Nietzsche ha da poco trent’anni quando l’ascolta per la prima volta, ne rimane catturato.   Esultò di ammirazione definendola l’opera perfetta il cui messaggio è quello di interrogarsi sull’amore conflittuale tra i sessi, ed arriva ad affermare che Carmen:

E’ un esercizio di seduzione, irresistibile, satanico, ironico provocante. È così che gli antichi immaginavano Eros. Io non conosco nulla che si avvicini da cantare in Italiano, no in tedesco”.

Con sfacciata presunzione mi permetto di evidenziare come Nietzsche non ebbe l’opportunità di ascoltare certi tanghi o milonghe dove l’esercizio di seduzione è ”irresistibile, satanico, ironico e provocante” , aggettivi perfetti con il quale descrivere il magico connubio tra musica e poesia tanguera, una ricerca filosofica del sentimento umano tanto intenso quanto quello espresso nella lirica.

George Bizet prese ispirazione per la composizione della Habanera, da Sebastian de Iaradin con il brano “El Arreglito“, ne cambia l’armonia e diventa un capolavoro assoluto frutto d’ispirazione per altri brani musicali.

La sonorità di “Oh Sole mio“, di cui vi propongo l’ascolto musicale di Tito Schipa, riconosciuto come il primo tenore del Tango, ne è un esempio, ma non l’unico, anche per la cultura tanguera un filo rosso lega Habanera di Bizet alla milonga “Se dice di me”.

 Doveroso è l’omaggio all’ interpretazione cantata da Tita Merello.

Non sono solo, il testo e la musica frizzante della milonga a creare questo collegamento con Habanera, bensì la struttura psicologica del personaggio femminile interpretato da Tita Merello nel tango simboleggia  la stessa  della Carmen.

La milonga ha origini legate alla musicalità africana che sono ampiamente esplicitate in un bellissimo saggio scritto dalla professoressa Lisa Avanzi, la quale  ha reso usufruibile il testo tramite il portale  “socialtango” in Facebook.

In questo saggio, la Calenda, viene descritta come una danza d’amore afro – americana, di cui si ha ha la prima testimonianza dai documenti scritti nel 1805 da parte di un ufficiale inglese Marcus Rainsford, che la vide durante un suo viaggio ad Haiti. Il percorso dettagliato dell’evoluzione di questa danza descritto da Lisa Avanzi, evidenzia come sia arrivata a Cuba in un processo di contaminazione nato dagli scambi commerciali del tabacco e dello zucchero. La musica e la danza, così come il cibo e la lingua parlata, sono elementi di evoluzione ed integrazione sociale.

La migrazione di conoscenze crea contaminazione e dà vita ad ispirazioni di danze nuove che, tra Santo Domingo, Cuba, Argentina ed  Uruguay, viene definita “controdanza”.

Gli schiavi africani nell’adattarsi al contesto sociale di convivenza con i bianchi e i loro usi, modificano la loro espressione comunicativa nel ballo.

Alcune movenze diventano sessualmente meno esplicite e  viene introdotto il ballo di coppia con una forma più leggibile alla cultura europea; ottenendo in questo modo, il permesso di esibirsi alle feste popolari.

Dal 1840  Walzer, Polca e Mazurka sono ballati ovunque.

Questa volta sono i “negri” che si appropriano delle movenze adattandole ai loro ritmi e dando vita al filone della musica e della danza latino americana: rumba, samba, maxixe e tango.

La danza Habanera, secondo lo studio musicologo cubano Emilio Grenet è un’evoluzione della “controdanza”, divenuta espressione della coppia che balla unita.

Non si sa con precisione quando arrivi l’Habanera nell’area di Rio de la Plata, gli storici collocano il periodo introno al 1860.

Probabilmente si diffuse attraverso due percorsi diversi, uno con i marinai nelle classi popolari, adottando la versione più spinta, e un altro attraverso le classi agiate nei teatri, adottandone una forma più elegante e sobria per le sale da ballo.

Il ritmo del tango africano dell’ Habanera portava con sé il desiderio di libertà dalle costrizioni sociali e morali dell’epoca vittoriana.

Se Habanera ha accesso la scintilla d’ispirazione a Bizet nel 1875, niente esclude che attraverso il teatro Colon e la rappresentazione della Carmen, la sua forza passionale non abbia ispirato le più belle milonghe dei nostri tempi.

La musica è quella forma di comunicazione trasversale che ci aiuta comprendere chi siamo e dove vogliamo andare.

Buon Ballo a tutti.

Rosapina Briosa ©️

HABANERA, Georges Bizet – Carmen, Conchita Supervìa
HABANERA Georges Bizet – Carmen. Elena Obraztsova
HABANERA Georges Bizet – Carmen. Maria Callas
OH SOLE MIO – Tito Schipa
EL ARREGLITO Sebastiàn Yradier
SE DICE DE MI – Tita Merello