UN TANGO PER MACBETH: il fascino di una donna al servizio del potere

Macbeth è l’opera che più di altre Verdi ha profondamente amato.

Nei margini dello spartito originale, vi sono appunti e riflessioni intime, come spesso accade a tutti noi quando leggiamo qualcosa di molto caro, viene istintivo aggiungere qualcosa perché si teme di perderla.

 L’attenzione per i dettagli come la sottolineatura dell’interpretazione recitativa e drammatica delle voci, che diverrà da qui in poi l’elemento di distinzione di tutti i lavori di Giuseppe Verdi, fa sì che il Macbeth, sia considerata l’opera di passaggio della sua formazione artistica, da quella giovanile a quella adulta.

Il libretto scritto quasi completamente dal Maestro, è la riduzione dell’opera di William Shakespeare, per poterla trasformare in quattro atti per il teatro lirico.

Verdi, grande ammiratore di Shakespeare, ha voluto riportare fedelmente la trama, motivo per il quale non concesse a nessuno questa operazione di taglio e scrisse il testo in prosa italiana, solo successivamente venne poi affidato alla penna di Francesco Maria Piave che ne curò la verseggiatura per il canto.

Il libretto subì ulteriori variazioni, una volta terminato, da parte di Maffei, che toccò due delle parti più importanti di tutta l’opera, il coro delle streghe e la scena del sonnambulismo di lady Macbeth.

Prima di addentrarci nel vivo della storia, procediamo con ordine.

I personaggi sono pochi: Ducano il re di Scozia, una figura che è quasi un’ombra, uno spettro ancora prima di essere ucciso, non canta e non parla.

Macbeth, baritono, protagonista di questa storia è colui che ucciderà Ducano e tradirà Banco, basso, suo amico, entrambi valorosi generali e compagni d’armi di Ducano.

Lady Macbeth, soprano, rappresenta la luce e l’oscurità per l’anima di Macbeth.

Verdi non ha bisogno di dare spessore psicologico ai personaggi, diremo noi oggi, attinge a piene mani dal lavoro originale di Shakespeare.

 Il contributo del Maestro, consapevole dei forti tagli poetici che l’opera aveva subito, è tutto nel ridare poesia alla musica, quella ricerca melodica e drammatica che non lo abbandonerà più; la sua attenzione è poi rivolta nel trovare la voce giusta che possa esprimere l’anima di Lady Macbeth.

Questa, come afferma lo stesso Verdi, “non deve essere bella, ma una voce aspra, soffocata e cupa che avesse del diabolico“, questo è uno dei motivi per cui non si assiste spesso alle rappresentazioni di Macbeth al Teatro, occorre avere un soprano con queste colorature.

Macduff, tenore, nobile scozzese, Malcom figlio del re Ducano tenore e Flaenzo figlio di Banco, sono le altre figure presenti nel dramma, ruoli minori ai quali Verdi dedica molta cura.

Da subito Verdi vuole che sia ben chiaro l’importanza e la rilevanza che ha il coro.

Le streghe specifica chiaramente che devono essere divise in tre drappelli e sarebbe ottima cosa che fossero 6,6,6 in tutto 18.

Non certo quello che abbiamo assistito alla prima della Scala nell’ edizione del 2021, la movimentazione delle streghe coreograficamente non ha aggiunto niente, se non che, ha creato confusione nello spettatore, il Maestro avrebbe voluto che l’attenzione rimanesse sulla musica e il canto.

La trama sviscera le forme oscure in cui prendono forma: l’ambizione e il desiderio di potere, politica, donne e soldi, temi attuali a Shakespeare come a Verdi e anche oggi sono monito per la classe dirigente e colta del Paese.

Il pubblico che oggi ha assistito alla Prima, non era poi così tanto diverso da quello di Verdi e di Shakespeare quando lo rappresentò alla corte di Elisabetta I regina d’Inghilterra.

Ieri come oggi è un messaggio di monito di attenzione per la classe dirigente, dove l’aberrazione sfocia in un assassinio, premeditato e non passionale.

La profezia delle streghe, scatena l’ambizione in Macbeth e nella sua Lady, la complicità di coppia diventa terreno fertile per creare la congiura e manipolare la scalata sociale per arrivare al trono, al posto di potere, di comando decisionale.

Il teatro prende vita e quello che vediamo raccontato come una storia antica sul palcoscenico, non è poi tanto diversa dalle dinamiche che si svolgono all’interno di un palazzo politico, di una casa farmaceutica, di un’università o di un teatro stesso.

Non si arriva forse ad un omicidio morale, quando si utilizzano soldi pubblici per progetti non utili al bene comune? Quando si vendono vaccini ad un costo che genera un profitto eccessivo? Quando si nominano Rettori o Direttori artistici per garantire una cordata di alleanze a discapito di persone più preparate? O quando nei teatri di prosa come nella lirica si propongono contratti ad attori o cantanti per ruoli non adatti che devono interpretare?

Allora come oggi, sono gli artisti a sollevare quel velo di ipocrisia con il quale ci copriamo occhi. Purtroppo figure di riferimento, come fu Giovanni Zenatello per la lirica italiana, sono rarissime, al punto tale che non hanno la voce per imporsi nella confusione assordante del Foyer .

 Shakespeare come Verdi, denunciano ruoli e comportamenti, che nella storia si ripetono e si perdono nella fragilità dell’essere umano.

Eppure anche questa edizione che voleva dare una lettura nuova e moderna, in realtà si è ritrovata intrappolata ancora prima di nascere nelle dinamiche del Macbeth stesso, non è riuscita ad evidenziare un archetipo storico.

“Condannare tutte le donne, per aiutare alcuni uomini fuorviati a superare il loro comportamento insensato, equivale a denunciare il fuoco, che è un elemento vitale e benefico, solo perché alcune persone ne vengono bruciate, o maledire l’acqua, solo perché alcune persone vi annegano”.

Sono parole della scrittrice Christine de Pisan, nata a Venezia nel 1364, storica bolognese che visse in Francia.

Già allora lei evidenziava come lo stigma di donna libera e determinata contenesse in sé un’ accezione come diabolica, ambiziosa e spregiudicata.

E’  Lady Macbeth la vera responsabile ed istigatrice dell’ambizione del marito?

La risposta è nella scena del sonnambulismo, Verdi si pone come se l’era posto Shakespeare, la stessa riflessione di Christine de Pisan.

Shakespeare ne fa una delle pagine poetiche più intense del Macbeth e Verdi non gli è da meno, scrivendo una delle più belle partiture musicali drammatiche, raccoglie nel tormento del canto di lady Macbeth, l’impossibilità di chiedere perdono: pietà, rispetto e amore era ciò che cercava.

La donna in questo ruolo identificato della fantasia collettiva, segnata marcata come diabolica, troviamo le origini di convinzioni collettive sul mondo femminile che ancora oggi la nostra società è portatrice.     Verdi attraverso la musica e Shakespeare attraverso la prosa le donano, una chance di espiazione.

La mia conclusione personale è che Verdi era più moderno di noi tutti messi assieme e talmente lungimirante da scrivere che la sua opera non venisse rimaneggiata.

Vanità delle vanità, chi  scaglia la prima pietra? Io di certo non lo farò.

Mi limito a suggerire agli appassionati di lirica una riflessione proposta da un canto tanguero, come ai tangueri che avranno letto questo breve articolo e si presteranno all’ascolto del Macbeth, sicuramente comprenderanno con più facilità la poeticità del linguaggio di questo tango.

La letra, è il termine utilizzato per il testo cantato nel tango, parla di un amore “senza parole questa musica ti ferirà, ovunque il tuo tradimento la ascolterà”.

Pentimento è il legame che ora unisce la coppia Macbeth, un tradimento reciproco è alla base del loro rapporto, h anno sacrificato il loro amore per l’ambizione del potere e del prestigio e genera dolore, così come l’amore perduto tra gli amanti è cantato in questo tango.

Sin palabras/Senza parole traduzione di Carla de Benedicts

Musica di Mariano Mores, Letra di Enrique Santos Discepolo

È nato da te

Cercando un canto che ci unisse,

e oggi so che è crudele, brutale, forse,

la punizione che ti do.

Senza parole questa musica ti ferirà,

ovunque il tuo tradimento la ascolterà…

nella notte più folle, nel giorno più triste,

sia che tu rida o che tu pianga la tua illusione.

Perdonami se è Dio

che ha voluto punirti infine

se ci sono lacrime che così possono continuare,

queste note che sono nate per amore tuo,

alla fine sono una tortura che rinnova le ferite di una storia…

sono pene, sono ricordi…

fantoccio ferito, il mio dolore, si alzerà ogni volta

che tu ascolterai questo canto!

Vostra Rosaspina Briosa®️, augura a tutti buon ascolto!

SIN PALABRAS, Robert Goyeneche
MACBETH, Giuseppe Verdi – 1 atto, Le Streghe
MACBETH, Giuseppe Verdi – PIETÁ RISPETTO AMORE, Ludovic Tèzier
MACBETH, Giuseppe Verdi – NEL DI DESLLAVITTORIA …VIENI T’ AFFRETTA …OR TUTTI SORGETE, Saioa Hernandez
MACBETH, Giuseppe Verdi – UNA MACCHIA É QUI TUTTORA, Anna Pirozzi

FONTE:

Charles Osborne; Tutte le opere di Verdi, (1979)

Carla De Benedictis; Parole Parole Parole di tango, (2018)

La violenza

Perché la violenza e il tango?  

Perché per superare la violenza, bisogna ritrovare la bellezza che c’è in noi e il tango ci prende per mano per aiutarci a riscoprirla.

Perché la violenza e il tango sono suoni e fisicità, si muovono insieme, crescono con noi, si camuffano tra le pieghe della vita, ma mentre la violenza, lentamente ci paralizza, il tango ci guarisce.

La violenza è fatta, di brividi, sudore, vuoto, disorientamento, un tormento che non trova pace al punto tale che lo si nega prima di tutti a se stessi.

Questa è la violenza, una scissione dell’anima tra il prima e il dopo, non si riaggiusta, senza rinascere da un nuovo “io”.

Un nuovo io che nasce da una nuova voce. Qual è quell’elemento che unisce le voci delle donne al Tango?

Il rispetto è l’anello di congiunzione.

Difronte alla devastazione, la musica in particolare è in grado di curare la ferita dell’anima.

Il tango è musica.

Si avvicina silenziosamente e nel suo abbraccio, ricerca una fisicità fatta di vita e ogni “tanda” diventa unica in quanto incontro tra due persone.   Nel ballo e nell’ascolto si esplorano le emozioni: la tenerezza, l‘accoglienza, la passione, la sensualità e il rispetto.

Il tango ha una storia lunga e complessa, nasce dal flusso migratorio di culture diverse che si sono incrociate tra Montevideo e Buenos Aires tra l’estuario del Rio della Plata tra la fine dell‘800 ed i primi del ‘900.

Attraverso il linguaggio della musica e del corpo, il tango è stato catalizzatore di un grande e continuo processo rivoluzionario sociale e culturale che ancora oggi è in atto, tanto da essere nominato, nel 2009, patrimonio immateriale dell’umanità.  

Il Tango è espressione di uno sviluppo dell’emancipazione femminile straordinario, per la prima volta la donna è legittimata, attraverso un ballo, ad esprimere la sua femminilità e sensualità in pubblico. Per ballar bene il tango, la donna deve contrapporsi all’uomo, riconoscendo la sua stessa importanza, non abbandonandosi ad un ruolo passivo.

Attraverso la letra, il testo della canzone del tango, diventa così possibile esprimere quello che diversamente non sarebbe stato possibile sulla condizione femminile, ma anche su quella sociale.

Ci si sofferma tropo poco a comprendere i testi delle letre, che balliamo, presi come siamo dalla musicalità, mai ci aspetteremmo di ballare su parole poetiche, crude e taglienti come solo la vita può esserlo.

I brani che vi propongo per l’ ascolto, mi sono stati suggeriti da cari amici tangueri di Genova. Gli ho trovati molto attuali e perfetti da dedicare oggi a tutti noi, senza distinzione di donna o uomo, perché la violenza non ha sesso, non ha età , non ha colore della pelle.

Naranja en flor”, musica di Virgilio Exposito, e letra di Homero Exposito, orchestrata da Anibal Troilo, cantata da Floreal Ruiz.

Era più pura dell’acqua sono le parole inziali di questo meraviglioso tango, si parla di stupro, attraverso una metafora, poiché negli anni ’20 non era ancora pensabile pronunciare questa parola ad alta voce. Solo l’acqua è l’elemento primario per la vita, nell’acqua nasciamo, dell’acqua necessitiamo per vivere e  per ripulirsi dopo uno stupro. Solo un poeta avrebbe potuto con occhi amorevoli trovare un simile paragone.

NARANJAN EN FLOR – Orchestrata da Anibal Troilo, musica di Virgilio Exposito, e letra di Homero Esposito, cantata da Floreal Ruiz

Il brano successivo è: “Un crimen”, musica e letra di Luis Rubistein, orchestrata da Miguel Calò, cantata da Raùl Beron.

Il tema purtroppo sempre attuale, il femmicidio, dramma che nasce dal sentimento della gelosia.

Le parole scritte nel 1942, possiamo  ritrovarle sulle testate giornalistiche di oggi: “La mia gelosia è finita in follia e nel mezzo dell’inferno mi sono perso…”.

Letra:

Mi drama señor juez es la historia
Que puede comenzar por el final
Ya se que en lo grotesco de mi gloria
No es facil parecer sentimental
La vida que le di fue una tortura
Y su alma soportó mi frenesi
Mis celos terminaron en locura
Y en medio de un infierno me perdi
Y vi neblina en sus ojos
Cuando mis dedos de acero
En su cuello de nacar
Bordaron un collar
Rodo besando mis manos
Y apenas pudo gritar
Su voz se ahogo sin reproche
Y así mansamente tu fin???
Tengo su angustia en mis ojos
Y no la puedo arrancar
Yo quiero señor juez con esta historia
De un crimen tan perverso y tan brutal
Que no haya ni una marca en su memoria
Ni sepan que era buena y le hice mal

Traduzione:

Il mio dramma signore giudice è  la mia storia
Che posso raccontare  dalla fine.

 La mia fama è grottesca e mi precede.
Non è facile sembrare innamorato
La vita che le ho dato è stata una tortura
e la sua anima ha sopportato la mia frenesia
La mia gelosia è finita in follia
e nel mezzo dell’inferno mi sono perso
e ho visto la foschia nei suoi occhi
Quando le mie dita d’acciaio
sul suo collo di madreperla
hanno ricamato una collana
Rotolò baciandomi le mani
e riusciva a malapena a gridare
La sua voce era soffocata, senza rimproveri
E così dolcemente è stata la tua fine ???
Ho la sua angoscia nei miei occhi
e non posso dimenticarlo
Desidero  signore giudichi che questa storia

un crimine così malvagio e  brutale
non ne rimanga il segno della sua memoria
Non so più se fu bello e le feci  male

Non ricordo più se fosse buona e le feci del male

UN CRIMEN, orchestrata da Miguel Calò, musica e letra di Luis Rubistein, cantata da Raùl Beron.

Per ultimo, per chiudere in leggerezza, dimensione di cui necessitiamo, per avere speranza e fiducia, un tango, la cui poeticità e il ritmo melodico e turbinoso, rende consapevoli che la felicità è l’istante di un momento.

“Lavida es una milonga”: musica di Fernando Monton, letra di Rodolfo Sciammarella, orchestrazione di Pedro Laurenz,  cantata da Martin Podestà.

La vita è una milonga e devi saper ballare, perché è triste star seduto mentre gli altri ballano.”

E con queste parole, Rosaspina Briosa, augura a tutte le donne di ritrovare se stesse!

Rosaspina Briosa ®️

LAVIDA ES UNA MILONGA. orchestrazione di Pedro Laurenz, musica di Fernando Monton, letra di Rodolfo Sciammarella,  cantata da Martin Podestà.

Astor Piazzolla bambino e la storia di “Maria de Buenos Aires”: LA VISIONE DI STEFANIA PANIGHINI

Regia, scene, costumi di Stefania Panighini

Astor Piazzolla fu anche lui un bambino, per capire l’artista occorre percorre i sassolini bianchi lasciati dal fanciullo… e per farlo bisogna saper ascoltare e guadare le cose solo come un bimbo può fare.

Tra bambini il linguaggio è immediato: tanto crudo quanto delicato.

Una contraddizione nata dal percorso di maturità che il bambino deve compiere per diventare una persona consapevole degli altri, per vivere all’interno di una società sana, direbbe l’osservatore adulto, uno schema istintivo dalle connotazioni inconsce, da osservare, specchio delle dinamiche familiari e sociali, direbbe lo psicologo, ma l’artista, che ha mantenuto lo sguardo di bimbo, riderebbe di tutto ciò.

L’artista porterebbe la sua visione, nello stesso modo Stefania Panighini ha dato la sua lettura di questa “operita”, Maria de Buenos Aires, come Astor Piazzolla e Horracio Ferrer, amavano definirla.

Partirò cercando di descrivervi un Piazzolla bambino, per arrivare a raccontarvi di Maria de Buenos Aires e del perché, tra le tante rappresentazioni andate in scena quest’estate, in commemorazione dei 100 anni di Piazzolla, abbia scelto quella della regia ed i costumi di Stefania Panighini.

Il 27 e 28 Agosto a Jesi, in piazza Ferdinando II con il perfetto cast di voci: il mezzo soprano Giuseppina Piunti, nel ruolo di Maria, il baritono Enrico Maria Marabelli nella parte di El Payador e Davide Mancini nei panni di El Duende, sarà possibile assistere ad una delle ultime rappresentazioni programmate per quest’Estate 2021.  Il cast di voci, con la regia musicale e scenica raggiunge un pathos coinvolgente.

Astor Piazzolla nasce nel 1921 a Rio de la Plata, l’estuario formato dall’incontro dei due fiumi, Uruguay e Paraná, con l’Oceano Atlantico, traducibile come “fiume dell’argento”.

I suoi genitori sono immigrati italiani, Vicente Piazzolla originario di Trani in Puglia e la madre Assunta Manetti originaria di Massa Sassorosso in Toscana.

Da piccolo si trasferisce a New York tanto da conoscere meglio l’inglese e trova difficoltà ad esprimersi in spagnolo.

E’ un bambino vivace ed istintivo, la passione musicale è già lì, al punto che di notte scappa da casa con un amico polacco per andare ad Harlem al Cotton Club ad ascoltare l’orchestra di  Cab Calloway ed ha solo 9 anni!

In casa il padre appassionato di tango ascolta sempre i dischi di De Caro, Pedro Laurenz  e tanti altri,  lo indirizza da bambino allo studio del bandoneón regalandogliene uno.

Studia musica classica, Bach lo prende per mano e le sue agili dita riescono a suonare il bandoneón come se fosse un piano; Jazz, Bach, i suoni del tango, tutto è mescolato all’interno della sua mente in un ordine ancora non prestabilito, come quando davanti ad un terrina vuota da bambino ti viene data la possibilità di creare un dolce nuovo: uova , farina, zucchero, burro e lievito quanto basta.

La fatalità del destino, l’incontro con Gardel e la sua partecipazione al film El dia que me Quiera, una piccola particina, lo strillone di strada, ma tanto basta perché scattasse una scintilla tra i due, parole d’incoraggiamento a non abbandonare lo studio musicale e piccoli ingaggi che lo mettono in contatto con il mondo artistico del tango e lentamente la liricità poetica si fa strada silenziosamente nell’anima porteña di Astor.

La famiglia Piazzolla fa ritorno a Rio de la Plata nel 1937 , Astor studia a Buenos Aires vive la città , vive il suo tempo, il peronismo e la sua fine,  l’inizio del golpe da parte dei militari e gli anni a seguire fino a quando lascia l’Argentina per l’Europa.

La città di Buenos Aires è in pieno cambiamento culturale, come lo è il tango, sempre di più abbandonato a se stesso, assopito in un angolo di una sala vuota, dove alle prime luci dell’alba, risuona in lontananza le ultime note di un bandoneón.

Maria de Buenos Aires nasce il 1968 in questo clima di grandi fermenti, è la poesia musicale che negli anni si è fatta strada nel cuore di Piazzolla, dove solo un bambino puro poteva trovare la soluzione per creare un equilibrio nuovo di sonorità, jazz, swing, tango e musica sinfonica.

Operita, sta alla Turandot di Puccini, un passaggio che divide in due parti tutto quello che era il mondo lirico prima della Turandot, da quello che venne in seguito, come altrettanto si può dire di Maria de Buenos Aires, segnò il tracciato per quello che oggi viene definito opera-tango.

La musica precede la Letra de Horacio Ferrer di quasi un anno.

La simbiosi tra le due parti è incredibile, se si pensa come la nascita delle opere liriche avvenisse in strettissima collaborazione tra il Maestro e il suo librettista, qui non accade, eppure la sintonia è totalizzante.

Maria de Buenos Aires simboleggia le traversie e le violenze che in quegli anni Buenos Aires stava vivendo, ed il tango se è il sangue di questa città, si trasforma rinasce o sopravvive nella sua ombra, come un fantasma si evolve in qualcosa che solo la struggente malinconica passione sa riconoscere. 

La messa in scena originale di Maria de Buenos Aires vede la partecipazione degli autori diretti come interpreti e produttori. Il primo debutto è nella Sala Planet della città di Buenos Aires l’8 Maggio 1968.

Il cast era formato da Horacio Ferrer, poeta del testo lirico nel ruolo del recitatore el Duende, Amelita Baltar come Maria ed Héctor de Rosas nel resto dei ruoli maschili, un bandoneón , Astor Piazzolla e dieci musicisti. La mancanza di denaro aveva imposto la scelta per un cast ridotto rispetto all’idea originale.

Lo spettacolo ha un debutto con “tutto esaurito”, ma non ottiene l’approvazione, anche se la critica ne scrive bene.

È un fallimento dal punto di vista economico e lascia gli autori con grossi debiti.

Lo sguardo perso, mai come in quel momento, Piazzolla deve aver assaporato l’intensità di una scelta di vita, il cui messaggio profondo risiedeva nella convinzione che la musica altro non era che la chiave di lettura di una vita per l’umanità possibile e migliore.

La partenza per l’Europa, aprirà una strada nuova alla compagnia di artisti che si muoverà con lui e la sua Maria prima bambina, poi donna e poi fantasma risuona e ricorda, nelle note nostalgiche del tango, che è sempre viva.

L’ Europa, il pubblico europeo meno legato alla tradizione musicale argentina è pronto ad accoglierlo a braccia aperte.  Due sono le grandi protagoniste che  si alternano nel ruolo di Maria, prima  Amelita Baltar e poi Milva la Rossa,  incontrerà il favore del pubblico riscuotendo un riconoscimento univoco.

La trama si sviluppa su due tempi nell’arco di un’ora e mezza.

Ogni tempo è incorniciato all’interno di 8 quadri, creando una simmetria sia musicale che visiva.

Prima parte:

1- Alevare

2- Tema de María (instrumental) 

  aggiunta yo so maria

3- Balada Renga para un Organito Loco.

4- Milonga Carrieguera.

 5- Fuga y Misterio (instrumental)

 6- Poema Valseado

 7- Tocata Rea

8- Miserere Canyengue de los Ladrones Antiguos en las Alcantarillas

 Seconda parte:

9-Contramilonga a la Funeral por la Primera Muerte de María.

 10-Tango del Alba (instrumental)

11- Carta a los Árboles y a las Chimeneas.

12-Aria de los Analistas.

13-Romanza del Duende.

14-Allegro Tangable (Instrumental)

15-Milonga de la Anunciación.

16-Tangus dei

Maria è il filo conduttore con il  quale Piazzolla esprime tutto se stesso, i ricordi della sua infanzia, l’amore per le donne, la sua terra e la sete di libertà

Maria nasce in un sobborgo povero di Buenos Aires, è una giovane operaia onesta, ingenua è sedotta dalla voce ipnotica della città e del tango.

Yo so Maria, è l’aria con la quale si presenta, una fusione di musicalità e poeticità romanticamente vitale, richiama il ricordo musicale di West Side Story, Maria, il sogno americano, di giustizia e amore il sogno argentino di libertà e amore, entrambi spezzati dalla realtà.

Maria diventa cantante e prostituta, è fiera come lo era Carmen, è lei padrona del suo destino e forse per questa impudenza viene condannata a morte dai tenutari dei bordelli.

Dopo la morte di Maria, il suo fantasma si muove in una città divenuta a sua volta lo spetro di se stessa. La sua vera identità, violata ripetitivamente sotto il regime militare, è andata persa.

Lo spettro di Maria si innamora di un folletto, che altro non è che un poeta, da questo amore non può che rinascere una nuova Maria, una nuova Buenos Aires, un nuovo tango.

Maria de Buones Aires – E.I.B.

Perché la regia di Stefania Panighini ha suscitato in me un interesse particolare?

Tre sono le ragioni:

Una visione femminile sulla regia che pone attenzione al dettaglio scenico come introspezione ed il riconoscimento di una capacità logica organizzativa, che il mondo teatrale, ancora oggi, fa fatica a riconoscere alle donne.

Là dove, solitamente la violenza è rappresentata con crudezza quasi palpabile, la Panighini sceglie di cogliere la delicatezza nel dolore violato del ruolo della donna : madre, figlia, amante, prostituta, Buenos Aires diventa il simbolo dell’intera umanità.

L’ atmosfera magica ricreata dai costumi e dalle scene, ci trasporta in un mondo fiabesco, nel quale l’opera stessa prende vita; la magia, una nuvola, il cui compito è solo quello di rendere accettabile la realtà dell’inaccettabile.

La coproduzione con il Teatro dell’Opera Giocosa di Savona, con il Teatro Pergolesi Spontini di Jesi e con l’Ente Luglio Musicale Trapanese ha reso possibile questo innovativo progetto, al punto che per la prima volta la Fondazione Pergolesi Spontini rende l’opera accessibile a non vedenti/ipovedenti e non udenti/ipoudenti con un servizio di audio introduzione, audiodescrizione e soprattitoli, in collaborazione con la professoressa Elena di Giovanni https://www.fondazionepergolesispontini.com/lirica/opera-accessibile

La regista Stefania Panighini lei stessa ci spiega come:

” In Maria de Buenos Aires l’uso della metafora e della poesia rendono l’opera una magia. L’ambientazione scelta è volutamente povera per sottolineare il contesto in cui è nato il tango, ma ha il sapore dei film di Fernando “Pino Solanas“, scomparso l’anno scorso”.

30.06.2021

“Un tuffo nella poesia profonda, nel mondo del chiaroscuro del tango, un carpiato all’indietro proiettato verso il futuro, il debutto di Eléna sulle scene, il modo più bello di festeggiare i miei primi quarant’anni!”

Una produzione che mi auguro possa girare nei più bei parchi e teatri Italiani e viaggiare per l’Europa, portando quell’aria di freschezza: una visione di coerenza ed impegno, un nuovo femminile che sa porsi all’attenzione del grande pubblico internazionale.

In bocca al lupo Stefania Panighini !

Vostra Rosaspina Briosa ©️

Stefania Panighiniph. Giulia Magrin

http://www.stefaniapanighini.it

https://www.facebook.com/stefaniapanighini

Regista d’Opera

https://www.operabase.com/artists/stefania-panighini-16116/it

Stefania Panighini

Astor Piazzola – Horacio Ferrer, Maria de Buenos Aires – Regia e costumi di Stefania Panighini
Astor Piazzolla – Horacio Ferrer , Maria de Buenos Aires – Ana Karina Rossi , “Maria de la Anunciacion”
Astor Piazzolla Horacio Ferrer, Maria de Buenos Aires – Milva, “Yo soy Maria”
Leonard Bernstein, West Side Story – José Carreras, “Maria”

http://operagiocosa.it/content/maria-de-buenos-aires-2021

http://lugliomusicale.it/maria-de-buenos-aires.php

https://www.fondazionepergolesispontini.com/eventi/maria-de-buenos-aires-stagione-lirica-2021/

Opera Giocosa – Intro “Maria de Buenos Aires

Fonte:

García Brunelli

Omar “La obra de Astor Piazzola y su relación con el tango como especie de música popular urbana

Proyecto final de “Licenciatura en Artes del Teatro / Escenografía” Alumno : Nicolás Deheza

 Septiembre 2014

https://www.todotango.com/historias/cronica/112/La-amistad-entre-Gardel-y-Piazzolla

Laura Escalada, Piazzolla intervista rilasciata a  Bluarte del 22/02/2008  a cura di Antonella Iozzo

Vittoria Maggio articolo del  23/10/2017

https://www.dancehallnews.it/donne-e-tango-maria-de-buenos-aires/

Massimo Maugeri articolo scritto per AGI del 11/03/2021

“Piazzolla, il genio che stravolse la tradizione per farla rivivere”

16/06/21 La Stampa.it

17/06/21 http://www.connessiallopera.it

AlqamaH.it 05/07/2021 “Maria de Buenos Aires: l’opera-tango di Astor Piazzolla sarà in scena al rinnovato Teatro Giuseppe Di Stefano

igv.it Cent’anni di modernità: l’essenza del genio di Piazzolla celebrato “Contaminazioni Liriche Festival 20.21 Fortezza del Priamar ..”

Roberto Cucchi iteatridellest.com

Video LIS Maria de Buenos Aires